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L’Austria sbatte il Napoli in prima pagina

Ballesterer vuol dire calciatore ed era un termine ormai in disuso, tornato in auge grazie all’omonima rivista diretta da Jakob Rosenberg. È inoltre l’unica rivista di calcio – ma come vedremo è riduttivo definirla così – austriaca, con distribuzione anche in Svizzera e Germania. Ma perché parlare sul Napolista di una rivista austriaca? Beh basterebbe guardare l’ultima copertina. Maradona che esulta in una pagina grigio azzurra.

Insomma, mentre noi disquisiamo sull’ultima (bruttina ma vincente) partita con la Sampdoria, su Pandev o Insigne, su dove potrà arrivare questa squadra, c’è chi all’estero decide che gli azzurri valgano addirittura una copertina, da tenere lì esposta, in bella mostra per un mese intero. Il Napoli certo, ma anche un modo per parlare di Napoli, perché ballesterer non si limita al solo aspetto tecnico tattico, come ci ha detto in un’intervista per il Napolista il suo direttore, ma cerca di andare più a fondo capendo cosa gira attorno a ciò che racconta. E a leggere la biografia di Rrosenberg capiamo che non potrebbe essere altrimenti. Oltre a insegnare Scienze Politiche all’Università di Vienna, infatti, conosce molto bene Napoli, città in cui torna spesso. Già nel 2008, assieme al collega Reinhard Krennhuber, scrisse un reportage su un viaggio che fece coi tifosi in occasione della tristemente famosa trasferta a Roma (reportage che fu ripreso tra gli altri da Mattino e Rai News perché scagionava gli ultrà sui danni al treno). Insomma uno sguardo al Napoli senza perdere di vista il contesto.

Forse in ballesterer vi sarete già imbattuti visto che qualche settimana fa la loro intervista a Inler è stata ripresa anche sul Mattino. Insomma eravamo curiosi di capire perché avessero sentito il bisogno di dedicare un numero agli azzurri e così gli abbiamo fatto qualche domanda.

Ci spieghi cos’è “ballesterer” e che diffusione ha?

Il ballesterer è una rivista calcistica austriaca, anzi è la unica rivista calcistica dell’Austria, che però viene venduta anche in Germania e la Svizzera. La rivista si occupa soltanto di calcio ma facendolo parla di molto di più. Cioè della importanza del calcio come fenomeno sociale e come cultura popolare. Non mi piace il pensiero del calcio o dello sport in generale come specchio della società, ma è anche vero che tanti fenomeni della società moderna hanno una certa dinamica nel calcio. Questo riguarda per esempio il calcio business, il calcio come mezzo di comunicazione non solo per scopi aziendali, ma anche politici o per questioni di integrazione ed esclusione. Nella rivista proviamo di parlare di tutti questi tema – anche nella dimensione storica. Così si scopre inaspettate continuità. Magari a volte siamo anche un po’ nostalgici del calcio quando non era ancora “moderno”, questo fatto si capisce già del nome. Ballesterer è una parola viennese degli anni ‘20 per dire “calciatore” che è stata dimenticata nel linguaggio di oggi. Grazie alla nostra rivista il termine è tornato di moda nuovamente.

Come mai avete deciso di dedicare questo numero proprio al Napoli. Insomma non è la prima cosa che verrebbe in mente?

Hai ragione, di solito i giornali parlano di squadre come il Barcellona, il Manchester United, il Bayern Monaco o quando si occupano dell’Italia parlano delle solite tre: Juventus, Inter e Milan. Però a noi interessano le cose meno scontate ed il Napoli è davvero un progetto molto interessante, soprattutto nell’ambito della città di Napoli stessa. Non credo che ci siano tante squadre che otto anni dopo un fallimento lottino per lo scudetto in uno dei campionati più forti del mondo. Poi Napoli è molto speciale perché c’è solo una squadra di calcio e la popolazione si identifica fortissimamente con essa. Come altra grande città europea mi viene in mente solo Marsiglia dove c’è una squadra sola. Questo fatto è molto particolare e per un viennese anche un po’ strano dato che da noi i primi campionati nazionali erano solo tra le squadre viennesi che negli anni trenta erano tra l’altro tra le più forti in Europa.

Che interesse riscontrate in Austria, Germania e Svizzera per gli azzurri?

Questo è difficile da dire. In Austria non c’è una grande comunità italiana perché negli anni 70 non facevamo parte della Comunità Europea, perciò era più difficile migrare in Austria. Quindi credo che l’interesse, causato dalla diaspora italiana o napoletana, sarà più grande in Germania e Svizzera, ma anche in Austria c’è sicuramente. Ci sono quelli che si ricordano ancora del calcio italiano degli anni ‘80 quando nel vostro campionato c’erano giocatori come Prohaska, Schachner e Polster e ovviamente le magie di Maradona hanno lasciato le tracce anche in Austria. C’è stato anche un aumento di interesse recentemente quando i due austriaci Garics e Hoffer hanno giocato per il Napoli. Entrambi venivano dal Rapid Vienna – la squadra più seguita in Austria – e hanno giocato per la nazionale. Poi l’anno scorso il Napoli si è guadagnato tante simpatie giocando con il Chelsea, anche perché col suo sistema ha sorpreso la gente. Da noi è ancora molto diffuso lo stereotipo che tutte le squadre italiane giocano solo il catenaccio.

Tu sei stato più volte al San Paolo (oltre ad aver girato spesso per Napoli). Che sensazioni t’ha dato? E da osservatore esterno che problemi hai visto?

Il San Paolo è uno degli ormai pochi posti in Italia dove c’è una atmosfera molto intensa, ma purtroppo l’impianto non è al altezza dei suoi tifosi. La vista non è buona, poi c’è la pista d’atletica che secondo me deve essere eliminata da tutti gli stadi di calcio e l’anello inferiore è così scomodo che nessuno ci vuole andare. Tutto ciò non vale solo per il Napoli ma per il calcio italiano in generale, ma purtroppo il calcio negli ultimi anni ha sempre dato più importanza alla televisione invece di convincere la gente a seguire la propria squadra del cuore. Perciò in Italia gli stadi sono scomodi e semivuoti.

Sei un attento osservatore del calcio italiano (e non solo). Credi che possa essere l’anno buono per la squadra di Mazzarri?

Direi di sì, ma sicuramente non è la squadra favorita e non mi sembra una buona idea di scaricare troppa pressione su una squadra che sta ancora crescendo. Comunque è sempre difficile fare pronostici sul calcio perché dipende da tante variabili. Non si sa mai come si evolve lo spogliatoio o se un giocatore chiave si infortuna. Ma magari ballesterer porta fortuna. Nel 2004 abbiamo fatto uno speciale sul Millwall e nello stesso anno la squadra, che militava nella Serie B inglese, è arrivata in finale della coppa FA e per la prima volta nella sua storia si è qualificata per una coppa europea.

La tua analisi non è solo calcistica, ma anche socio culturale. Come ti è sembrata la città da quel punto di vista?

Purtroppo non c’è abbastanza tempo per rispondere degnamente a questa domanda. La questione socio culturale a Napoli riempe qualche biblioteca. Nel mio articolo provo a raccontare qualche aspetto di questa domanda. In una città come Napoli è ovvio che ci siano mille contraddizioni. Per esempio abbiamo preso il pullman da Piazzale Tecchio a Castel Volturno. Il pullman è pieno di extracomunitari che probabilmente fanno il lavoro più duro del mondo e sono tra i più sfruttati in Italia. A Castel Volturno loro vivono vicinissimo a ragazzi della loro età che sono solo un po’ più fortunati. Perché hanno il talento giusto per giocare a calcio e riescono, così, a guadagnare milioni di euro all’anno. Ma questo è solo un aspetto, ci sono tante altre contraddizioni che riguardano il rapporto tra Napoli ed il Napoli. C’è il razzismo verso i napoletani come squadra del Sud, ci sono i fischi all’inno nazionale nel finale della Coppa Italia ed un campanilismo molto forte. C’è il fatto che Napoli è una città spaccata tra problemi sociali ed economici – ed ovviamente anche dalla Camorra – che trova una unità fortissima tramite il tifo per una squadra. E poi c’è anche un altro aspetto molto interessante che riguarda le strategie aziendali della gestione De Laurentiis – secondo me il presidente ha capito benissimo che il capitale di questa squadra è la passione dei napoletani. Se lui è bravo – e secondo me lo è – ne può creare diversi fonti di guadagno – tramite il contratto tv, gli spettatori allo stadio, il merchandising e così via. Poi Napoli ha appunto una diaspora enorme e quindi il progetto può diventare globale più facilmente rispetto ad altre città, ma allo stesso tempo fa ancora fatica a seguire i concetti del calcio moderno, come si è visto dalla polemica prima per partire per Pechino. Da un lato è importante seguire le regole del calcio “moderno”, cioè trovare mercati nuovi, diversificare gli introiti ecc. e allo stesso tempo ingaggiare top player con uno stipendio altissimo, dall’altro il Napoli basa tantissimo sulla passione locale. Questa ambiguità tra il globale ed il locale è sicuramente una spaccatura molto difficile, ma anche molto interessante.

Hai intervistato Gokhan Inler. La città è abbastanza spaccata tra chi è soddisfatto del rendimento del centrocampista azzurro e chi lo critica. Cosa ne pensi?

Come avevo già detto secondo me c’è troppa pressione sulla squadra. Questo risulta non solo dalla passione per la squadra ma anche dal mercato che la squadra crea. A Napoli ci sono due show quotidiani sulle tv locali che parlano solo del Napoli e del rendimento di un giocatore. Poi ci sono i giornali, i blog e le trasmissioni sulla radio. Ovviamente loro cercano di approfittare dalla passione ma hanno sempre bisogno di polemiche nuove. Per quello che riguarda Inler è ancora presto per giudicare la sua importanza per il Napoli. Sicuramente lotta tantissimo in campo e vince tanti contrasti, ma non è il giocatore creativo che può risolvere una partita. L’anno scorso è quasi sempre stato titolare e solo per una mancanza di esperienza dell’intera squadra non ha segnato il gol dell’anno del Napoli e ha tenuto vive le speranze della squadra quando stava perdendo 2 a 0 a Londra.

Chi è il giocatore che non toglieresti mai dall’11 titolare?

Hamsik. Lui è la testa di questa squadra. È vero che a volte nemmeno lui ha la capacità di tirare fuori tutta la squadra, ma come talento e fantasia è cruciale. Credo che soprattutto Pandev gli possa dare una grossa mano perché giocando assieme creano più creatività e si alleggeriscono il compito dividendoselo.

L’ultimo austriaco a giocare per il Napoli è stato Hoffer, il quale, però, non ha avuto molta fortuna. Ecco, se potessi suggerire un acquisto austriaco al Napoli che nome faresti?

Sì, Hoffer a Napoli magari è stato un equivoco. Lui è un ragazzo molto timido ed introverso. Anche nel Rapid ha avuto bisogno di tanto tempo per ambientarsi. Il giocatore più forte austriaco adesso, sicuramente già lo conoscete, si chiama David Alaba e gioca per il Bayern. Infatti si è infortunato proprio nell’amichevole contro il Napoli e l’anno scorso ha fatto una stagione fantastica con i tedeschi. Lui crede di essere un centrocampista e gioca questa posizione nella nazionale austriaca ma in realtà è un terzino sinistro davvero fortissimo. Ma temo che non possa rientrare nei piani del Napoli, perché già come ventenne costa un sacco di soldi.

Quale sarà la sorpresa di questo campionato?

Non credo che Insigne possa ancora essere considerato una sorpresa perché già la gente si aspetta tantissimo di lui. Speriamo che da napoletano possa reggere lo stress di diventare un idolo. Quindi come potenziale sorpresa mi viene in mente Vargas che ha fatto davvero bene in Europa League.

Fonte: Il Napolista

La Redazione

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