Si riferisce alla sua deposizione in Procura, quando parla di ingaggi e di tentativi di influire sulle scelte contrattuali della società. Parla di lui – di Ezequiel Lavezzi – il procuratore aggiunto Gianni Melillo nel commentare i rapporti poco opportuni tra calciatori e certi tifosi. Ma cosa aveva dichiarato Lavezzi nella sua deposizione in Procura? La storia è quella del riciclaggio dei soldi del boss Salvatore Lo Russo in alcuni ristoranti di Napoli, vicenda che vede ovviamente estraneo il pocho. Indagine condotta dai pm Sergio Amato e Enrica Parascandolo, si scava sui rapporti tra il clan Lo Russo e pezzi della città che conta, tra cui anche il mondo che ruota attorno al San Paolo e alla passione per il club azzurro. E non è un caso che lo stesso Antonio Lo Russo è già entrato in altre vicende giudiziarie, tra cui la famosa Napoli-Parma del 2010, quella in cui il figlio del boss dei capitoni viene immortalato a bordo campo con la pettorina gialla da (finto) giardiniere.
Un personaggio al centro di incroci investigativi, tanto da spingere lo scorso anno i pm a convocare lo stesso Lavezzi. Sentito come persona informata dei fatti sui suoi legami con Antonio Lo Russo (figlio del boss dei capitoni), Lavezzi ricorda una circostanza, ieri ripercorsa in conferenza stampa dall’aggiunto Melillo: quando si temette che il Pocho potesse lasciare Napoli, Antonio Lo Russo intervenne facendo affiggere uno striscione sugli spalti del San Paolo. Ma ecco il racconto di Lavezzi: «L’ho conosciuto a Castelvolturno, si presentò come esponente degli ultrà della curva B. Mi viene chiesto di precisare in che modo si sia evoluto questo rapporto di conoscenza che ha poi portato questa persona a recarsi presso la mia abitazione e rispondo che io lo conosco come un capo della tifoseria e per me era abbastanza normale intrattenere questi rapporti anche perché pure in Argentina è un’usanza diffusa. Ad esempio dico che quando si profilava la possibilità che io lasciassi il Napoli fu proprio questa persona ad attivarsi perché in curva B fosse esposto uno striscione che mi invitava a non andare via. Questa persona l’ho anche vista allo stadio in campo. Con Antonio era nata una certa confidenza al punto che veniva a casa senza alcun preavviso e magari è possibile anche che neanche mi trovasse. Non vedo questa persona da diverso tempo e poi ho saputo che ora è latitante in quanto è un camorrista, ma posso assicurare che fino a quel momento non sapevo chi fosse», ha concluso Lavezzi.
Fonte: IL Mattino
La Redazione
P.S.
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