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Occhiuzzi, argento vivo: «Tutto per la mia Napoli»

Lo sciabolatore si arrende solo nella finale all’ungherese Szilagyi

«Ora sapete che ci sono anch’io». In un solo pomeriggio, l’aviere scelto Diego Occhiuzzi, 31 anni, napoletano del Vomero, s’è lasciato alle spalle una vita da mediano della gloriosa scherma azzurra e s’è messo al collo la medaglia d’argento olimpica della sciabola individuale. L’ha fatto alla sua maniera: baciando Valeria che gli veniva incontro, saltellando sul podio come un forsennato, bisticciando con gli uomini della sicurezza, ma anche rispondendo gelidamente a una domanda stupida: «Mi chiamo Diego, ma sono nato cinque anni prima che arrivasse Maradona a Napoli…».
La svolta della giornata e della sua carriera di atleta è arrivata agli ottavi, quando il tabellone gli ha riservato lo scontro fratricida con Aldo Montano, uno che mediano non lo è mai stato. Diego non s’è certo tirato indietro («m’ero alzato la mattina, mi ero guardato allo specchio e m’ero detto: Diego, andrà tutto bene»), ha battuto la medaglia d’oro di Atene 15-13 e gli ha riservato parola di grande rispetto: «Ci rincontreremo, avrà modo di rifarsi». Poi si è liberato con lo stesso punteggio dell’americano Morehouse ed è volato verso la semifinale contro il romeno Dumitrescu, forse il più accreditato di un inatteso quartetto.
La giornata, infatti, aveva visto cadere uno dopo l’altro tutti i grandi favoriti della vigilia, una specie di strage. Erano rimasti in gara Occhiuzzi, il romeno, il russo Kovalev e l’ungherese Szilagyi. Ebbene, in semifinale Diego ha dato il meglio di sé: sicuro, deciso, sempre in testa nel punteggio, uno spettacolo anche agli occhi di un profano. Quindici a tredici, anche stavolta.
Medaglia sicura, quindi, la numero 118 della nostra straordinaria scherma alle Olimpiadi, e grandi speranze per quell’Occhiuzzi mai visto così pimpante: sembrava solo il lontanissimo parente dell’Occhiuzzi visto quattro anni fa a Pechino, quando concluse la gara con un malinconico ventitreesimo posto.Ma Diego si è ripresentato in pedana visibilmente scarico, è andato sotto anche di otto punti, quando ha cominciato a ingranare era troppo tardi. L’ungherese, implacabile, ha vinto con un nettissimo 15-8.
Ma lui era felice lo stesso, davvero felice, tanto da esordire così dopo la premiazione: «C’e anche Occhiuzzi oltre ai soliti nomi». E certo che c’è, e lui si sfoga: «Ho vissuto finora all’ombra di grandi campioni e, credetemi, non è stato facile». Gli hanno chiesto a chi dedicasse l’argento e lui, sfacciato e sincero come uno scugnizzo, ha risposto: «La dedico a me, solo a me. Certo, anche alla mia famiglia, al maestro Caserta. Ma soprattutto a me».
Ci hanno provato in tutte le maniere a farlo arrabbiare, ma non ci sono riusciti. Un giornalista inglese è arrivato a chiedergli cosa provasse lui che veniva da Napoli dopo aver conquistato la medaglia. Gelido come sopra: «Si possono fare buone cose vivendo a Napoli». Stavano per saltargli i nervi solo quando gli hanno chiesto se si sentisse un gregario: «Non sono mai stato un gregario in vita mia». Si è subito ripreso, però, perché era troppa la gioia che aveva nel cuore: «Se venite venite a Casa Italia, offro io».
Poi quel «Diego, Diego» è rimbombato più volte, e poi di scroscianti applausi per le più belle delle sue stoccate. Lui l’ha ammesso: «Sembrava proprio il San Paolo. Sono questi i momenti che la scherma merita».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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